mercoledì 23 aprile 2014

23 aprile 2014

Erasmus: verdetto finale

Eccomi qui, dopo un lungo periodo di assenza sono ritornata. Problemi tecnici in realtà: è andato in tilt il computer e sono andata a recuperarlo due giorni fa.

Quante cose possono succedere in due settimane? Tante.
Ma andiamo con ordine.

Qualche giorno prima del colloquio per l'Erasmus il computer mi ha abbandonato: panico!, dovevo cercare alcune informazioni per compilare i piani di studi (e leggere un po' di testimonianze). Fortunatamente un caro amico mi ha lasciato usare il suo computer per tre giorni e sono riuscita a concludere qualcosa. Era forse un segnale del destino? Anyway, sono riuscita a superarlo.

Arriva il giorno fatidico: otto aprile duemilaquattordici, ore nove. Due giorni prima era uscita la graduatoria: nonostante tutto, nonostante quello che sta succedendo e i miei eterni dubbi sulla strada da percorrere, arrivo 13esima. Assurdo. Penso alle mete, mille chiamate ai genitori nel momento della decisione, poi seguo l'istinto: Varsavia. Sarà la scelta giusta? O meglio, se riuscirò a trovare il coraggio di salire su quell'aereo e partire, andrà tutto bene? Non lo so, più ci penso e più mi vengono dubbi. Per un momento sono felicissima per questa nuova esperienza, poi comincio a pensare razionalmente a quello che potrebbe succedere. Non necessariamente in Erasmus, ma nel mio futuro. Insomma, non sono nemmeno convinta di quello che sto studiando, riuscirò a non perdere tempo e a dare qualche esame? Questo è un altro motivo che mi fa pensare: molti, infatti, scelgono il periodo in base agli esami, ma come ho detto tante volte, per me questa esperienza è più di carattere psicologico-filosofico. Voglio cambiare aria, riflettere, fare nuove esperienze e allo stesso tempo parlare con me stessa e capire chi sono e cosa voglio veramente. Motivi per cui la mia intenzione era quella di partire nel primo semestre: al solo pensiero di iscrivermi a settembre al secondo anno di Economia mi vengono i brividi, significherebbe che la mia vita è ormai segnata, che ho fatto la mia scelta. Anche se non è cosi. In realtà, anche partendo in Erasmus, la situazione è la stessa. Ma nella mia mente rieccheggia in modo diverso. Poi so bene che se lo voglio fare lo devo fare ora: anche se decidessi di cambiare, ora o dopo la triennnale, non potrei perdere ancora tempo. Insomma, quale elemento è più importante? L'aspetto personale-mentale o l'aspetto pratico?
In media res, la soluzione è nel mezzo.
Facile dirlo, bisogna solo sapere dove si trovi questo punto di equilibrio.

Ricevo due email dall'Università di Varsavia in cui mi danno il Benvenuto e mi spiegano quali documenti devo mandare. Scoppio a piangere, So che non è normale, so che dovrei fare i salti di gioia, ma non ci riesco. L'ansia e l'insicurezza sono ancora troppo forti per me ma io so - devo e voglio - che li supererò e riuscirò a cogliere e vivere al massimo questa esperienza.

giovedì 3 aprile 2014

04 aprile 2014

Problema #2 - Erasmus

Un momento di tranquillità e serenità? No, non esiste. La calma apparente dopo la tempesta è già svanita: la tempesta incombe ancora nel cielo sopra di me e il mio ombrello non è abbastanza grande per proteggermi.

Ma che cos'è la tempesta? Tante cose, ora che ci penso. La confusione che ho in testa, troppe cose a cui pensare senza un attimo per respirare.
Ma potrebbe anche essere il mio futuro che mi spaventa, è qualcosa di lontano e poco definito, che non conosco bene e che mi blocca.

Quindi cosa posso fare? ERASMUS.
Ho presentato la domanda, pur non essendone assolutamente convinta, a breve escono le graduatorie e tra qualche giorno devo decidere. Tanto per cambiare, mille paranoie. Sono sicura di volerlo fare? Sono in grado? Di stare lontano da casa, di essere autonoma in tutto e per tutto, di adattarmi a un mondo nuovo? Ma soprattutto, non è una perdita di tempo, vista la mia situazione attuale? Insomma, la parte razionale di me mi dice che sarebbe il caso di fermarmi un attimo, di pensare a cosa fare della mia vita prima di fare un passo così grande, e magari arrivare a una conclusione il prima possibile. Ma è inutile girarci intorno: non ci riesco. Stanno cambiando molte cose dentro di me, sto scoprendo un mondo in questo periodo, grazie a tutto quello che mi sta succedendo. Certo, non è facile, fa stare male, ma sono sicura che ne uscirò sicuramente più forte che mai, o almeno più forte di quanto io possa esserlo stata fino a questo momento. 

Tornando all'Erasmus: e se invece, per una volta, fosse la scelta giusta? 
Un modo per staccare, per allontanarmi da tutto e da tutti. Crescere e diventare autonomi, imparare ad arrangiarsi e adattarsi a tutto. Un modo per conoscere un mondo nuovo, nuove culture, persone e situazioni diverse. Insomma, un'occasione che difficilmente ricapita nella vita.
Se fosse davvero un modo per capire chi sono, cosa voglio, qual è il mio posto del mondo? Un modo per guardare dentro di me e, magari, ritrovare me stessa.

In cuor mio sto cominciando lentamente a capire cosa mi piace e cosa no, cosa mi fa stare bene, cosa mi suscita emozioni, cosa mi fa piangere e cosa invece mi permette di sorridere come vorrei fare sempre.

E se partissi davvero? Se facessi questo grande salto senza voltarmi indietro?

venerdì 28 marzo 2014

28 marzo 2014


E se non fossi pronta a crescere?

" E' normale avere tutti questi problemi? Tutti questi dubbi? "
" Non puoi usare la parola normale, è relativa. Una cosa può essere giusta e normale per te, ma sbagliata per un altro. E' una parola che pone dei limiti. "
" Allora mi correggo, sono l'unica? "

Momento di silenzio.

" No, non sei l'unica. E' la crescita. "

Scoppio a piangere.




Sembra una frase banale, stupida, un luogo comune che usano tutti. Beh, se lo dicono tante persone forse un motivo ci sarà. Crescere è difficile. E' difficile nel momento in cui ti poni delle domande; se lasci tutto scorrere, se nascondi la testa sotto la sabbia per evitare i problemi, tutto sembra ovviamente più facile: vivi la tua vita, prendendo quel che viene. Ma io non ci riesco. Non sono così. A volte vorrei essere come quelle persone che sembrano sempre più mature di me, che sanno cosa vogliono dalla vita, che hanno le idee chiare e sembrano già forti e consapevoli, nonostante abbiano la mia stessa età. A volte invece realizzo che potrebbe essere un punto di forza: non è facile, significa rendere tutto più complicato, ma quando riesci a trovare una soluzione, anche piccola, a raggiungere un qualsiasi obiettivo che ti eri posto, la soddisfazione è enorme.

Ma nonostante questo, per quanto io cerchi di convincermi che questo mio lato sia un pregio, quando ho sentito quella frase non sono riuscita a restare impassibile. Mi sono sentita grande, troppo grande per poter ancora rimandare, per vivere in un mondo protetto in cui si guarda agli adulti da lontano, col binocolo, sognando il nostro futuro che comincia ad apparire all'orizzonte. Ma il sole ormai è sorto da un pezzo, illuminandoci ogni giorno e ricordandoci che ogni volta in cui scompare per poi riapparire, un pezzettino della nostra vita se ne è andato. E ormai non si può più tornare indietro.
La nostra crescita segue lo stesso ritmo della natura, è natura. Per quanto faccia male ammetterlo, è un fenomeno, uno scorrere inesorabile del tempo che non possiamo fermare. 

E quindi? Cosa posso fare? Cosa devo fare?
Accettare tutto questo, accettare che il tempo passa anche per me. E devo affrontarlo con tutte le mie forze, imparando ogni giorno dagli errori. Devo capire che per quanto mi sembri grande questo ostacolo, riuscirò a superarlo e lasciarlo alle mie spalle. Con la consapevolezza che potrò cadere ancora e ancora riuscire a rialzarmi, oppure superarne altri mille forte dell'allenamento svolto.


Crescere fa male, ma non possiamo fare nulla.
C'est la vie, dicevano i francesi. 

giovedì 27 marzo 2014

27 marzo 2014



L'uomo cerca un ostetrico delle proprie idee, l'altro qualcuno cui egli possa recare aiuto: così nasce un buon dialogo.
Friedrich Nietzsche


L'importanza del dialogo

Sono sempre stata una persona molto solare ed espansiva ma solo ora sto realizzando l'importanza di parlare, di confrontarsi, di raccontarsi agli altri e allo stesso tempo essere disposti ad ascoltare. 

Da due mesi sto andando da una psicologa e devo dire che mi sta aiutando tantissimo, si tratta di una professionista, ma il solo fatto di tirare fuori tutto quello che si ha dentro, tutte le emozioni e i pensieri che ti riempiono il cuore e la mente, è qualcosa di fantastico. E per questo la ringrazio tantissimo.


Ma parlare non è solo questo. 

Penso che se in questo periodo non avessi avuto i miei genitori e soprattutto i miei amici più cari, disposti ad ascoltare tutti i miei problemi, le mie ansie e i mille dubbi, sarei impazzita. Tenere tutto dentro fa male, ti rende sempre più debole e privo di forze: appena cerchi di risalire, di affrontare la tempesta, sembra tutto troppo grande e troppo forte. Ma io so che prima o poi troverò la forza di rialzarmi e di ripartire più forte di prima.

Come mi ha consigliato lei stessa e come avrei voluto fare da tempo, sono riuscita a parlare con alcuni compagni dell'università, F. e O., persone che vivono ogni giorno la mia vita, che mi hanno ascoltato ed hanno espresso un proprio pensiero. Sapere di non dover sempre recitare, di poter fare qualche mossa "a carte scoperte", rende la realtà un po' più leggera. 


Ho capito anche che ascoltare, mettersi dall'altra parte, è allo stesso modo un motivo per crescere e mettersi in gioco. Sì, mettersi in gioco, è un'espressione che uso spesso e in cui credo molto. Siamo persone di 20 anni o poco più e ci troviamo talvolta a doverci esprimere su argomenti troppo complessi e spesso lontani da noi o dal nostro vissuto, per vari motivi o semplicemente per la nostra giovane età che, nel bene e nel male, non ci ha ancora fatto conoscere molti lati della vita. Però ci proviamo, cerchiamo di dare il meglio di noi, consapevoli del fatto che stiamo aiutando l'altro e allo stesso tempo stiamo crescendo.


Il dialogo è un valido aiuto ma non può essere la soluzione di tutto, come non è giusto addossare tutti i nostri problemi sugli altri, correndo il rischio di allontanarli da noi. Diciamo che offre un aiuto per vedere prospettive diverse, forse fino ad ora sconosciute o non visibili. 

Perchè non visibili? Perchè come spesso accade, la soluzione si trova dentro di noi, pur non essendone consapevoli, serve solo qualcuno che ci dia una conferma, che ci aiuti a farla emergere chiaramente.

O meglio, bisogna essere pronti ad accettarla e capire l'importanza di un dialogo, dopo tutto, con sè stessi.



martedì 25 marzo 2014

25 marzo 2014



Descriviti con una citazione #1



Hai presente quando il mare è agitato e 
sembra che faccia guerra contro gli scogli?
Poi ti immergi e tutto sembra così silenzioso, così apparentemente tranquillo e ti senti al sicuro, intorpidita. Quando troppe emozioni ti sconvolgono devi andare sott'acqua, senti il bisogno di immergerti in te stessa.
Il problema è che non puoi trattenere il respiro troppo a lungo 
o rischi di annegare.
Prima o poi dovrai trovare il coraggio di affrontare la tempesta.

(Rea Daniels)









martedì 18 marzo 2014

18 marzo 2014



Che stupida che sei, tu non impari mai
Il tuo equilibrio è un posto che tu passi e te ne vai
E più stupida di te, sappi non ne troverai
Quelle tue paure inutili non finiranno

Hai sbagliato da sempre, ed è inutile adesso
Che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
Alessandra Amoroso



Problema #1

Università: una parola, mille problemi.
E se non ci fosse una soluzione?
Essere così pessimista non è da me, quindi voglio essere fiduciosa e sperare che prima o poi anch'io troverò la mia strada. 

Sto frequentando un corso che non sento mio, non riesco a vedere un obiettivo, uno scopo da raggiungere. 
Ammetto che alcune cose sono interessanti e forse è proprio questo che mi blocca a fare il grande passo: cambiare corso e sperare di stare meglio.
MEGLIO, perchè proseguire in questo modo non è, fisicamente e mentalmente, possibile. Troppi momenti di ansia, continui sbalzi d'umore, basta una parola sbagliata a riguardo e subito mi deprimo e mi passa la voglia di fare tutto.
I voti? In realtà gli esami sono anche andati bene, nonostante le notti in bianco, i pianti, i continui ripensamenti. 

Ma il punto centrale è sempre lo stesso: non credo in quello che sto studiando.
E mi fa stare male. Mi fa stare male vivere in questo modo quest'esperienza così grande, in cui speravo di ricominciare da zero, di cambiare completamente la mia vita dopo una brutta esperienza alle superiori. Nuova vita, nuovi amici, nuova città, nuove materie.

E invece niente. Sono ancora qui. Tanti desideri svaniti in un attimo.
Mi ero ripromessa di dare il massimo, ma di fronte alle scelte sono così: scappo e mi tiro indietro.
E adesso sta succedendo la stessa identica cosa. 

Sono sempre stata una persona determinata, una persona che vuole mettersi in gioco al massimo in quello che fa: ecco, penso di essere di fronte a una delle situazioni più difficili della mia vita, dove devo veramente tirare fuori quella che sono e risolvere questo grande, enorme problema.

domenica 16 marzo 2014

16 marzo 2014


Fai vedere al tuo sogno che veramente ci tieni ad incontrarlo,
 senza pretendere che lui faccia la strada da solo
 per arrivare fino a te, poi le cose accadono. 
 I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi.
Fabio Volo


The Beginning

13.47

Apertura di questo blog.
Su consiglio di un amico ho deciso di aprire questo blog, mi è sempre piaciuto scrivere quello che penso e le emozioni che provo nei vari momenti della mia vita, quindi perchè non condividerli? 
La maggior parte dei miei pensieri sono riportati su un quaderno che cerco sempre di tenere lontano da occhi indiscreti, specialmente da mia sorella che è piuttosto curiosa, come è normale per una bambina di 11 anni.

Tornando a noi, perchè questo titolo? 
Perchè è la domanda più importante che mi sta accompagnando, per non dire assalendo, da un paio di anni a questa parte e devo dire che ultimamente sta diventando un pensiero fisso nella mia (piuttosto contorta) mente. Sono circondata da persone che, almeno apparentemente, sembrano avere degli obiettivi ben prefissati o, per lo meno, conoscono la direzione da intraprendere per raggiungerli. Persone determinate, impegnate giorno per giorno a lottare per realizzarsi e sentirsi soddisfatte della propria vita. 

E io? Qual'e' il mio sogno?


Sembra una domanda banale, come chiedere a un bambino "cosa vuoi fare da grande?", con un'unica, piccola, differenza: io sono già grande. 


Ho 20 anni, mi chiamo Martina and I'm looking for a dream.